domenica 26 settembre 2010

Odore di Asia

Quattro ore di sosta forzata, quasi come degli ostaggi ad un check-point, si trasformarono quasi in una beffa perpetrata ai nostri danni dal solitamente solerte rigore teutonico. Nonostante tutto, dopo una corsa stramazzante per uscire e rientrare nell'area internazionale, tra bagagli dal peso calcolato al milligrammo, un digiuno obbligato causa mancanza moneta comunitaria, il tanto agognato imbarco ci sorride.
Quasi un intero continente da solcare, da Nord-Ovest a Sud-Est.Rincorrere fusi orari contro il movimento del sole. Dall'alto tutto sembra uguale, mille puntini di luce indistinguibili sembrano fiumi di lava che attraversano paesi indecifrati. Punti isolati, sintomi di vita lontana, minima. Un tragitto invisibile, intangibile.
Il passaggio crudele dai 18 gradi di Londra ai 38 di Antalya, nonostante fossero le 3 del mattino (o di notte, dell'alba o come volete)si faceva sentire. Unico rifugio un bar, pieno di operatori turistici slavati e apparentemente fuori luogo. Dopo l'insonnia che aveva accompagnato la sorvolata c'era da scegliere tra il restare svegli e dritti e il chinarsi su un tavolo ed arrendersi al torcicollo per chiudere gli occhi almeno per un po'.
In un modo o nell'altro il tempo passa. Contrattare il prezzo per un taxi che porti in centro ha il suo fascino, ma la stanchezza è troppa e si cede facilmente.
Un quartiere anonimo apre le sue porte e, mentre la canicola si fa sempre più devastante, la spossatezza ci vince e per terra troviamo riposo, se così si può definire.
Il primo impatto con l'Asia non si rivela poi così speciale.

Evidentemente, iniziare dal basso, seppur ciò deluda le aspettative, ha il suo perché...

sabato 18 settembre 2010

London Bridge


Cercando su google "London Bridge" la prima opzione nella quale l'utente di imbatte in una semplice e chiara descrizione:
"London Bridge è un ponte sul Tamigi a Londra, che collega la City of London al borgo londinese di Southwark al quale corrisponde una stazione della metropolitana londinese, nonché uno snodo fondamentale delle ferrovie regionali."
In effetti, in special modo per i nostri frequenti spostamenti dal sobborgo di Peckham Rye, per questo luogo spesso ci siamo trovati a passare per raggiungere il cuore pulsante della città.

Eppure per me, piano piano, London Bridge ha iniziato ad assumere un significato diverso, un'accezione particolare a causa di un viaggio, un altro viaggio.

Londra come un ponte tra l'Italia e la Turchia. Un ponte strano, non fatto di legno né di metallo, né a strapiombo su una vallata né a collegare un lembo di mare. Strano vero?
Il ponte di Londra ha rappresentato due settimane di riscoperta non solo di un luogo, ma di valori sani e forti che purtroppo ultimamente si erano affievoliti per forza di cose.
Il ponte di Londra mi ha permesso di porre le basi per un'altra avventura senza meta, apparentemente senza senso e alla cieca.
Dopo tre anni ecco ripresentarsi, nel lungo cammino della vita, persone che avevo lasciato lì a malincuore. Come se il tempo non fosse passato, ritrovarsi davanti a una birra o in un ristorante libanese tra shawarma e narghilè, sorrisi e ricordi.

Rivalutare un luogo prescindendo dai luoghi comuni, viverlo davvero con persone importanti, tra sprazzi di vita rocknrolla e pomeriggi di "jattamma" in uno dei tantissimi parchi. L'odore di fiume-mare a Greenwich e le notti brave a Camden e Fulham, il giusto prolegomeno insomma...

East is East. Londra guarda ad Oriente e noi con lei, pronti a partire, via Colonia...

venerdì 17 settembre 2010

Senza mezze misure


La crisi esacerba l'odio.
Così potrebbe essere descritta la disposizione di Sarkozy di "rimpatriare" i rom ai loro paesi (d'origine?). In tempi di magra, si sa, il nazionalismo e l'egoismo la fanno da padroni persino in un paese come la Francia, noto per la grande efficacia del suo welfare state. In tempi di magra, è facile puntare il dito contro i diversi, "i reclusi", i "disadattati", coloro che non fanno parte del progetto di grandeur nazionale. Ed è li che un figlio di un immigrato si scaglia prepotentemente contro una categoria debole di per sé, parte dal basso per creare ogni presupposto ideale alla loro cacciata, tanto per non avere remore di sorta.
Il nodo fondamentale non è tanto se Sarkozy abbia violato o no le norme europee che certificano la libera circolazione dei cittadini nel grande stato inesistente forgiato prima a Maastricht poi a Lisbona. La chiave di tutto è nel rendersi conto se davvero i rom sono solo un facile capro espiatorio messo li a bella posta da un presidente sull'orlo del baratro per scandali assortiti o se davvero la loro presenza nuoce alla stabilità interna ed economica del paese.
Prendi un blocchetto di assegni, staccane alcuni di minimo importo et voilà, in un attimo ti sei liberato di una presenza ingombrante, di una valvola impazzita che non si incastra nel tuo meccanismo socio-politico.
La cassa di risonanza internazionale emette un rumore sordo proveniente dalla Germania e un tintinnio melodioso proveniente dall'Italia. Ed eccoci tornati all'ennesimo intervento si Superman, colui che non si lascia scappare nessuna occasione per intervenire in tackle scivolato con un intervento eclatante volto ad accaparrare l'attenzione dei media. Il veleno iniettato nelle sue orecchie dalla Lega si è trasformato in concime ed ha trovato terra fertile nelle congetture protezioniste del grande magnate, da sempre propenso ad allargare a dismisura la sua immagine ed il suo potere.
Parigi e Roma a braccetto come non mai, accomunati da uno spirito di aleatoria liberazione del territorio dalla "feccia". Ma siamo sicuri che la feccia non siano loro? Due uomini a capo di due Stati storici stanno cercando di farla loro la storia, ma in negativo, trovando scusanti come quella della crisi o gonfiando problemi come quella dell'illegalità (ma cosa significa davvero illegalità?) e aggrappandosi alle dinamiche anti-immigrazione come capisaldi di una nuova politica interna ed estera.
In tutto questo, il colonnello Gheddafi spadroneggia nel Bel Paese, facendo sparire i potenziali immigrati in maniere sconosciute persino alla AAA della dittatura argentina, famosa per "desaparecidos" e "vuelos de la muerte".

Fin dove si spingerà questo rancore incondizionato? Dove ci porterà l'astio atavico verso lo straniero che assurge al ruolo di vittima sacrificale?

In medio stat virtus, diceva qualcuno. Forse sarebbe proprio il caso di cercarla questa virtù, esautorando le massime autorità dal loro potere decisionale schiacciante e annichilente.