domenica 26 settembre 2010

Odore di Asia

Quattro ore di sosta forzata, quasi come degli ostaggi ad un check-point, si trasformarono quasi in una beffa perpetrata ai nostri danni dal solitamente solerte rigore teutonico. Nonostante tutto, dopo una corsa stramazzante per uscire e rientrare nell'area internazionale, tra bagagli dal peso calcolato al milligrammo, un digiuno obbligato causa mancanza moneta comunitaria, il tanto agognato imbarco ci sorride.
Quasi un intero continente da solcare, da Nord-Ovest a Sud-Est.Rincorrere fusi orari contro il movimento del sole. Dall'alto tutto sembra uguale, mille puntini di luce indistinguibili sembrano fiumi di lava che attraversano paesi indecifrati. Punti isolati, sintomi di vita lontana, minima. Un tragitto invisibile, intangibile.
Il passaggio crudele dai 18 gradi di Londra ai 38 di Antalya, nonostante fossero le 3 del mattino (o di notte, dell'alba o come volete)si faceva sentire. Unico rifugio un bar, pieno di operatori turistici slavati e apparentemente fuori luogo. Dopo l'insonnia che aveva accompagnato la sorvolata c'era da scegliere tra il restare svegli e dritti e il chinarsi su un tavolo ed arrendersi al torcicollo per chiudere gli occhi almeno per un po'.
In un modo o nell'altro il tempo passa. Contrattare il prezzo per un taxi che porti in centro ha il suo fascino, ma la stanchezza è troppa e si cede facilmente.
Un quartiere anonimo apre le sue porte e, mentre la canicola si fa sempre più devastante, la spossatezza ci vince e per terra troviamo riposo, se così si può definire.
Il primo impatto con l'Asia non si rivela poi così speciale.

Evidentemente, iniziare dal basso, seppur ciò deluda le aspettative, ha il suo perché...

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