mercoledì 5 febbraio 2014

Da 20 a 30

Le note di una canzone di uno degli ultimi album da me acquistati prima di abbandonarmi alla comodità del digitale mi riportano indietro di 10 anni. A un'estate, la prima durante l'università, che segnò un momento decisivo. Quello di un cambio. Dico estate perché adesso, per me, dall'altro emisfero, è questa la stagione in corso.

Le immagini sono nitide. Sono quelle di quattro amici alla prima vacanza insieme in un posto sconosciuto ma promettente. Sono le immagini delle prime sbronze, delle liti per la difficile seppur breve convivenza che per poco non sfociavano in rissa e dei primi problemi con i soldi. Sono le immagini e i suoni propagati da una città che mi colpì subito, come fa con molti. Fu in quel momento in cui decisi che prima o poi ci sarei andato a vivere.

Ora, a 30 anni e non più a 20, da quella città sono andato via, dopo avervi trascorso 3 anni nei quali mi sono creato un'altra vita, non nuova, quanto parallela alle altre che mi ero trascinato dietro da casa mia e dagli altri in cui avevo bazzicato. Le certezze sono sempre le stesse. O meglio, non esistono, proprio come 10 anni fa, quando il massimo della preoccupazione era un esame all'università o come racimolare i soldi della benzina per andare in macchina o in vespa a giocare a pallone con gli amici di sempre. Loro, infatti, sono il filo rosso che collega le mie varie esperienze in solitario.



Passato questo giro di boa importante, si iniziano ad apprezzare maggiormente certi sentimenti che la lontananza tende ad acuire, nel bene e nel male. E penso a un amico che non dorme per le urla del figlio di 5 mesi. Penso a un altro che si barcamena tra un'improbabile quanto agognata collaborazione editoriale e un lavoro arrabbatato ma continua a lottare e a credere in sé stesso come un funambolo su di una corda con il vuoto che lo minaccia. Penso a chi per lavoro è lontano da famiglia e amici ma non per scelta, come me. Penso a chi è nel mio stesso emisfero ma ad oltre 5mila km di distanza. E penso anche a chi ho lasciato dietro con la speranza che il boomerang della vita mi riporti a ritrovare.

È in quel caso che ringrazio i pochi che ho vicino e mi appoggiano, mentre da solo mi faccio forza in una realtà nuova e stimolante, dove ancora non so cosa sono venuto a fare. E in effetti, pensandoci bene, qualcosa è cambiato. Infatti, se 10 anni fa non sapevo se avrei passato o meno un esame o se sarei potuto andare allo stadio la domenica, adesso il mio dilemma è nel centellinare accuratamente i risparmi non per mangiare, quanto per dirigermi verso un posto dove da ventenne spensierato non mi sarei minimamente sognato di potermi recare.

E allora sì, nonostante tutto, credo proprio sia meglio così.

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